La formazione diventa multimediale

Da un paio di decenni stati e nazioni avanzate si stanno impegnando con operazioni massicce in una rincorsa tecnologica senza tregua. Che operazioni sono in gioco? Culturali, economiche o solo di facciata? L’esperienza pregressa dimostra che gli errori sono tuttaltro che rari. L’idea di fornire tutta la tecnologia necessaria a tutte le scuole è un miraggio: quando ci si avvicina alla meta si dissolve, ci si rende conto che la tecnologia ottenuta è già obsoleta, bisogna cominciare daccapo. Si compiono investimenti a tappeto sul piano dell’hardware e del software, salvo poi rendersi conto, dopo qualche anno, che le attrezzature acquistate sono già vecchie o inutilizzabili.Perché allora persistere in questa strada? Non è più ragionevole investire le risorse, sempre limitate, in strumentazioni di livello più basso o in attività che offrono maggiore garanzia di ritorno in termini di qualità  e durevolezza nel tempo?Occorre trovare una risposta convincente alla domanda “perché?” (ed in subordine “come, quando”) introdurre nuove tecnologie nella scuola.Occorre un quadro di riferimento, un complesso di criteri e norme che, se pur parziale, riadattabile ecc..,  ci aiuti nelle decisioni da assumere.La scuola non ha bisogno di clamore ed eccitazioni estemporanee; è senz’altro preferibile una scuola che identifica obiettivi ragionevolmente chiari e li persegue consapevolmente nel tempo.Esiste dunque una “ragion d’essere” per le nuove tecnologie? Dove dobbiamo cercare, come si suol dire, il loro “valore aggiunto”? Consideriamo  dapprima le posizioni dei fautori per valutare se esse forniscano o meno argomentazioni convincenti ed esaustive.Queste possono essere schematizzate nel modo seguente: Rifiuto della riflessioneLa prima posizione in cui ci imbattiamo non è una argomentazione, è la posizione di chi nega a priori il valore di ogni riflessione critica circa se e come impiegare le nuove tecnologie.Si vuol forse mettere in discussione il progresso? La tecnologia non può che procedere per la sua strada. Dovremmo forse stare ancora a discutere se ha significato oppure no l’innovazione tecnologica nella scuola? Chiacchere inutili, tutti si stanno muovendo, noi che aspettiamo?Per questa strada si favorisce una generale, acritica accettazione dinanzi all’inesorabile avanzare delle “magnifiche sorti e progressive”. 

Argomentazione adattivaUna argomentazione è quella che possiamo chiamare adattiva. La scuola, si dice, non può non “adeguarsi” ai tempi. Nella società si impiegano sempre più diffusamente nuove tecnologie, la scuola deve rimanere “al passo” con la società, in sintonia con essa, perché in  essa i giovani si dovranno inserire.Gli adulti di domani troveranno una società sempre più tecnologica; familiarizzare con le nuove tecnologie è dunque una necessità. Il problema si riduce a quello di una nuova “alfabetizzazione”.Difficilmente si può mettere in dubbio che compito della scuola consista nel proporsi finalità socialmente rilevanti ed in particolare di provvedere ad alfabetizzare. Ma è veramente corretto parlare di un nuovo alfabeto? Quale sarebbe la sua grammatica e la sua sintassi? L’alfabeto classico  si è mantenuto relativamente costante nei secoli. In questo caso esiste solo un coacervo caotico e fluttuante di convenzioni estemporanee, disomogenee, in continua trasformazione. Se tutti gli studenti negli anni ’80 fossero stati “alfabetizzati”, avrebbero acquisito la conoscenza del sistema MS-Dos, allora dominante, un tipo di conoscenza di utilità quasi nulla nella società informatizzata degli anni ’90. Negli anni ’90 “alfabetizzazione”, stando agli standard dominanti, significherebbe  imparare Windows; ma quanto sopravviverà questo nuovo “alfabeto”? Vale la pena di correre lo stesso rischio?La scuola non può  rinunciare a scegliere in funzione di valenze più profonde e durature, per le quali occorrono criteri e valori.